Il 24 febbraio del 2022 scoppiava il conflitto sanguinoso causato dall’invasione in Ucraina da parte della Russia. A metà settembre 2024, il numero di vittime stimato ammontava a circa un milione, a cui aggiungere le persone rimaste uccise dalla guerra civile precedente nel Donbas, oltre ai diversi milioni di rifugiati e sfollati. Si tratta del conflitto più grave e brutale in Europa dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Il neopresidente statunitense Donald Trump, sin dalla sua campagna elettorale, ha sempre enfatizzato la necessità di interrompere rapidamente la guerra, ritenuta esosa per gli USA. E il dossier ucraino è uno dei primi affari complessi con cui l’amministrazione repubblicana si sta interfacciando. Al momento, Trump sta conducendo una trattativa diplomatica piuttosto inusuale, con dichiarazioni durissime sul governo ucraino – si veda la definizione di Zelensky come “comico fallito e dittatore al 4%” – e interfacciandosi direttamente con il Cremlino e le delegazioni russe, isolando l’Ucraina e l’Unione Europea. Secondo Fox News (ma con la smentita del Ministro degli esteri russo Lavrov) il piano si dividerebbe in tre fasi: cessate il fuoco, elezioni ucraine e accordo effettivo di pace. L’UE negli scorsi giorni ha convocato un tavolo di confronto, ribadendo il sostegno al governo ucraino. Tuttavia, il quotidiano tedesco Frankfurt Allgemeine Zeitung parla senza mezzi termini di “doccia fredda per l’Europa”, incapace di acquisire una posizione rilevante nella gestione del conflitto e alternativa a quella dominante degli USA.
Ad esattamente tre anni dallo scoppio, la guerra in Ucraina ha trasformato radicalmente la vita della popolazione: i valori di sopravvivenza, forse per noi scontati, qui non ci sono più. Quasi 800 strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte, mentre circa 4 milioni di persone si trovano senza accesso a cure mediche essenziali (fonte: OMS e UNICEF).
L’onda lunga della guerra ha investito soprattutto i più giovani, lasciando un marchio indelebile sul loro presente e rubando loro il futuro.
Oltre 5 milioni di bambini non hanno un accesso regolare all’istruzione. Per molti, l’infanzia si è dissolta nel trauma: più di un bambino su cinque ha perso un parente stretto. Inoltre, il numero di vittime tra i bambini nel 2024 è aumentata di oltre il 50% rispetto al 2023 (Fonte: Ansa).
La guerra non si limita a distruggere il presente. Impone un futuro già scritto, dove la propria auto-espressione scompare e la militarizzazione diventa la norma. L’Ucraina sta formando una generazione che non ha possibilità di decidere il proprio destino: le campagne di mobilitazione si fanno sempre più aggressive, il reclutamento forzato è una realtà, e persino incentivi economici vengono offerti per spingere i giovani a entrare nell’esercito.
L’ultima volta che la guerra è stata così vicina alle porte dell’Europa risale al Secondo conflitto mondiale, eppure sembra che non riusciamo ancora a comprendere la portata delle sue conseguenze sulle nuove generazioni.
E anche fuori dai confini dell’Ucraina, siamo assuefatti dall’idea che questo conflitto sia solo una costante da accettare.
Un altro elemento particolarmente importante concerne i costi per la ricostruzione del Paese: si parla, secondo le stime della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell’ONU, di circa 500 miliardi. L’Ucraina ha una seria carenza di infrastrutture come strade, ponti e strutture energetiche, dovuta al conflitto, nonché una significativa fragilità economica. La domanda da porsi è: chi si occuperà di questa ricostruzione? Chi sosterrà l’Ucraina in questo percorso che non può trascurare un consolidamento delle istituzioni politiche, democratiche ed economiche? E quali strategie potrebbero essere implementate?
Trump ha dichiarato che i costi della ripartenza e del mantenimento della pace in Ucraina sono un onere dell’Unione Europea, nonostante gli USA abbiano negli scorsi anni premuto per una vittoria sul campo, in totale contrarietà con qualsiasi forma di trattativa diplomatica. Il governo americano sta premendo per un accordo con quello ucraino che preveda l’istituzione di un fondo adibito alla ricostruzione del Paese. Ma il negoziato include anche l’esigenza di Washington di una “restituzione” degli investimenti nel corso di questi anni in spese militari a sostegno dell’Ucraina contro l’invasione russa: l’amministrazione del tycoon vuole aver voce in capitolo nell’utilizzo, nell’estrazione e nell’accesso alle risorse minerarie e petrolifere nei territori ucraini, come forma di “ricompensa necessaria”. Queste sono parole al miele per i colossi petroliferi americani, che hanno fatto affari d’oro nel corso delle ultime amministrazioni americane – senza distinzione di colore politico – e che hanno notevolmente contribuito al successo elettorale di Trump, impropriamente ritenuto un “isolazionista”.
Questa è l’ennesima prova, se ce ne fosse bisogno, dell’irrefrenabile imperialismo americano e della ricerca costante di Washington di opportunità affaristiche, anche nel corso della drammatica ricostruzione di un Paese massacrato da tre anni di guerra sul proprio territorio; approccio strategico che vede nella guerra un formidabile strumento economico e profittevole.
Anche qui, l’UE non ha (avuto) alcuna capacità di reazione a sostegno di un progetto pacifista di ricostruzione alternativo e credibile che abbia come focus la ricostruzione sociale e politica di un Paese pericolosamente instabile, in contrasto alle strategie imperiali dell’oligarchia a stelle e strisce.
Inoltre, poco o per nulla si parla della dimensione politica dell’Ucraina. Già prima della guerra, il Paese non era considerabile pienamente un regime democratico, anzi; Freedom House, che fornisce dati sulle qualità democratiche e le libertà civili degli Stati nel mondo, definiva nel 2021 l’Ucraina un Paese “parzialmente libero” (democracy score pari a 3.36 in scala da 1 a 7, dove 1-2.5 = Paese libero, 3-5 = Paese parzialmente libero, 5.5-7 = Paese non libero). Secondo Polity IV, l’Ucraina è un Paese ibrido o democratura, con caratteristiche autoritarie (Polity IV 2018). In effetti, il presidente Zelensky durante il conflitto ha potuto limitare significativamente il potere dei partiti all’opposizione. Insomma, il rischio che un Paese così sostenuto dall’UE e nostro alleato consolidato possa precipitare in un sistema ulteriormente autoritario, a causa dell’impoverimento della popolazione, della crisi economica e della guerra in generale, è assolutamente non trascurabile. Gli americani hanno sempre dimostrato un interesse meramente di facciata sulla questione del sostegno a transizioni democratiche negli altri Paesi, come nel caso dell’Iraq. Tali processi politici restano però particolarmente complessi e necessitanti di investimenti e strategie di lungo periodo. Non sarà affatto facile per l’UE assumersi una sfida del genere sulle spalle, così come lo sarà riuscire a emanciparsi dagli Stati Uniti adottando una politica estera indipendente, pacifista e distante da spunti affaristici e commerciali.