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La Giornata della Memoria, istituita il 27 gennaio, ricorda le 6 milioni di vittime sterminate dal regime nazista. Tra loro ebrei, rom, disabili, oppositori politici, omosessuali e prigionieri di guerra. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il regime nazista guidato da Adolf Hitler, attuò un piano sistematico di sterminio noto come “soluzione finale”.

Questa giornata non è solo un’occasione per riflettere sul passato e commemorare le vittime, ma anche un richiamo per il presente. Ricordare è un dovere morale per educare le nuove generazioni. È una ricorrenza attuale perché ci insegna che solo riconoscendo gli errori della storia possiamo prevenire il ritorno di ideologie razziste e totalitarie.

Nel corso dei decenni, la Giornata della Memoria ha acquisito un’importanza crescente, soprattutto perché la memoria storica – come spiegava Hannah Arendt – rischia di sbiadire con il passare del tempo.

La memoria storica è un potente strumento di sensibilizzazione. Attraverso la conoscenza delle atrocità commesse durante l’Olocausto impariamo a riconoscere i pericoli delle ideologie che promuovono l’odio, l’intolleranza e la discriminazione. O almeno dovremmo.

Ancora oggi, nel mondo, esistono forme di persecuzione basate su motivi religiosi, etnici e politici. In alcune parti del mondo, minoranze vengono perseguitate, sfollate o addirittura sterminate.

Israele, i cui abitanti forse più di tutti dovrebbero conoscere il significato di parole come genocidio, discriminazione e sterminio, per via della sua tragica storia di violenza subita, commette quotidianamente da decenni crimini contro l’umanità a danno del popolo palestinese. Un popolo che viene lasciato solo di fronte a una sistematica oppressione, mentre si moltiplicano dichiarazioni di solidarietà e impegni in difesa dei diritti umani che spesso restano vuote parole, mostrando così l’ipocrisia dell’Occidente. Eppure le democrazie dovrebbero farsi da portavoce e difensori del rispetto dei diritti umani e per principi fondamentali quali l’autodeterminazione dei popoli.

L’idea della guerra come strumento primario per la risoluzione delle controversie internazionali pare ancora molto in voga, anche in Occidente, dove le industrie impiegate nella produzione di armi e materiale bellico continuano a fare affari d’oro e ad influenzare drasticamente i processi decisionali sulle politiche estere. Ma non dovremmo aver compreso la gravità e le conseguenze drammatiche che la guerra ha sulle popolazioni?

Oggi, più di ieri, è fondamentale che ognuno di noi si faccia carico di mantenere viva la memoria di quanto accadde nel secolo scorso, alla luce peraltro di quanto sta continuando ad accadere. La memoria è una battaglia quotidiana, una presa di consapevolezza in difesa dei diritti umani e dei popoli oppressi, per un futuro in cui l’odio e la violenza siano davvero soltanto un ricordo tragico.