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Il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, siamo scesi in piazza con l’obiettivo di dare a questa ricorrenza un significato concreto, al di là delle solite frasi retoriche. Lo abbiamo fatto per opporci alla narrazione che continua a distorcere il tema della violenza di genere.

Pretendiamo che società e istituzioni smettano di interpretare la violenza contro le donne attraverso il filtro del patriarcato, che si interroga semmai su come fosse vestita, quanto avesse bevuto o quanto forte avesse urlato, spostando completamente il focus sulla falsa “corresponsabilità vittima-carnefice”. È il momento di smantellare una cultura che giustifica gli stupratori, normalizza l’abuso e riduce tutto a un problema individuale, ignorando il carattere sistemico e radicato di questa violenza nel potere maschile.

Serve un cambiamento radicale che passi innanzitutto dalla prevenzione: l’educazione, a ogni livello scolastico, deve affrontare questi temi in modo serio e consapevole, così come è necessario rieducare chi commette abusi. Anche il personale sanitario, le forze di polizia e il sistema giudiziario devono ricevere una formazione adeguata, per essere in grado di relazionarsi con le vittime di violenza in modo competente e umano.

In Italia, siamo lontani da una reale trasformazione culturale. Le recenti dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara lo confermano, rivelando una visione miope e retrograda su questioni fondamentali come la parità di genere e la lotta alla violenza.

Pochi giorni fa, il Ministro ha affermato che “l’aumento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza in qualche modo discendenti dall’immigrazione illegale”. Al solito, la destra semplifica un tema complesso, strumentalizzandolo per alimentare la propria retorica xenofoba e guadagnare consenso sulle politiche anti-migratorie. Tuttavia, come dimostrano gli studi – tra cui un’analisi di Pagella Politica – non esiste alcuna correlazione tra l’immigrazione irregolare e il numero di violenze denunciate contro le donne, inclusi i femminicidi. Queste dichiarazioni non solo sono false, ma banalizzano un fenomeno profondamente radicato nella cultura patriarcale italiana. E se queste affermazioni provengono da chi guida il Ministero dell’Istruzione, la situazione è ancora più grave e sconfortante.

Non è tutto. Valditara ha aggiunto che “abbiamo di fronte due strade: una concreta, ispirata ai valori costituzionali, e un’altra ideologica, che è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato”. Parole che negano o sminuiscono l’esistenza stessa del patriarcato, definendolo un concetto “ideologico”. Eppure, non c’è nulla di ideologico nel denunciare un sistema sociale fondato sulla supremazia maschile, che esclude le donne dal potere sia nella sfera pubblica – politica, economica, religiosa – sia nella vita privata, dove il ruolo dominante del padre o del marito è ancora radicato.

La violenza sulle donne non può essere ricordata solo il 25 novembre. Anche se gli omicidi in generale sono in calo (303 nel 2021 contro i 476 del 2014, secondo ISTAT), i femminicidi restano stabili: 82 nel 2014, 70 nel 2021. Nel 2024, il dato è ancora più drammatico: 106 vittime dall’inizio dell’anno, una donna uccisa ogni tre giorni. Nell’88,5% dei casi, gli assassini sono uomini legati alle vittime – partner, ex-partner, figli o padri.

Questo dato è spaventoso: le violenze più estreme avvengono spesso all’interno di relazioni affettive, dominate però da quella cultura di superiorità maschile che vede nella violenza l’unico modo per ristabilire il controllo sull’altra persona e “riparare” un presunto torto subito.

Abbiamo bisogno di uno Stato che protegga davvero le donne. Le risorse per i centri antiviolenza e le case rifugio sono ancora insufficienti per garantire un sostegno adeguato su tutto il territorio nazionale. Senza queste strutture, le possibilità di una donna di liberarsi da una relazione violenta si riducono drasticamente.

Anche nelle università, che dovrebbero essere un luogo di crescita culturale e consapevolezza, questi temi vengono spesso trattati con superficialità o ignorati del tutto. Le università devono formare una generazione capace di riconoscere e combattere il patriarcato in tutte le sue forme.

Siamo scesi in piazza per ribadire tutto questo e continueremo a farlo, perché la lotta contro la violenza di genere non è una battaglia che si esaurisce in un giorno.